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Congo, allora Zaire. 1990



“Ho speso una settimana della mia vita a Goma. Ho fatto il viaggio sul traghetto della birra Primus, tra Goma e Bukavu. La stiva era piena di bottiglie piene, la nave era immersa nell’acqua quasi interamente e almeno 500 persone erano sul ponte, cosi fitte da tenersi in piedi l’un l’altra. Bianco, brillavo tra i neri; ne sono stato l’intrattenimento per l’intero viaggio. Poi sono rientrato a Goma bordolago, su un furgoncino pickup, accatastato con altri 20, viaggiando per tutta la notte e un giorno intero, in mezzo a nient’altro che banani, una foresta di banani, ogni tanto una casupola-bar e a ciascuna di queste una sosta per bere e fumare.
Da Goma poi sono partito verso nord, su quella strada in salita, fatta di curve e sassi, verso Butembo, lasciando il Virunga sulla destra. Non sapevo quanto tempo avrei impiegato per raggiungere l’obbiettivo che mi ero dato: in sei settimane dovevo arrivare a Kinchasa, la capitale dello Zaire perche c’era il mio aereo del ritorno. Era un paese grande come un continente, senza un solo chilometro di asfalto. Non una linea del telefono, rara la corrente elettrica.
Mai prima di quel viaggio avevo avuto testimonianza di quei luoghi. Nel 1990 non c’erano guide se non una generica Lonely Planet dell’est Africa con quasi niente. Internet era una roba da fantascienza. Mai dopo quel viaggio ho saputo di qualcuno che ci sia stato, mai ho più ho respirato quell’aria nei racconti freschi di qualche viaggiatore.
Quell’Africa è stata uno shock totale per me, cosi forte che, tornandoci ora sopra col pensiero, mi accorgo di aver memorizzato immagini e sensazioni in modo indelebile.
So perfettamente cosa mangia Francesca (ugali na nyama…), gli odori che sente, le attese, i tempi delle trattative, quelli degli spostamenti, i ritmi obbligati dei pensieri e delle relazioni, così ciondolanti e imprevedibili che tanto mi divertivano e, a volte, mi facevano sentire terribilmente solo.
Io vagavo senza meta, o forse ero fermo lasciando che il mondo mi scorresse attorno, godendo di quell’umanità che come dell’acqua calda sotto la doccia”.
LL

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