scrittura

Osteria del Sole / Un venerdì


Con le loro poche decine di anni in due se ne stanno da un’ora appoggiati al bancone dell’osteria piena di gente che vocia, ordina vino, si saluta, si chiama, in un venerdì sera di una settimana come tante altre, arrivata alla fine senza un risultato. Alito contro alito, occhi puntati negli occhi, ginocchia ad incastro: non si staccano le mani di dosso. Non c’è parola che non sia accompagnata da un dito che sfiora l’ansa di un fianco, che sottolinea il movimento delle labbra, che s’infila nel traforato della maglia di lei. Lui è alto e bello. Lei è alta e bella. Lui ha un anello grosso di ottone al dito. E i baffi. Lei ha in capelli rossi e le guance infiammate da un pomeriggio passato a letto. E a letto tutti e due sanno che stanno presto per tornare. Solo un bicchiere di vino, un altro e poi un altro ancora per sbatterci in faccia la loro storia d’amore, unica – pensano – nella storia dell’umanità. Un vecchio ubriaco, ospite abituale dell’osteria, si avvicina a loro. Li interrompe. Vuole parlare e loro gli danno corda. Mica hanno paura che qualcuno glielo porti via quel loro unico amore; lo ricarica l’elettricità dei loro corpi che continuano a non riuscire a stare più discosti di pochi centimetri.
Esco.
Un ristorante. Un bistrot, di quelli informali da riviste patinate. In mezzo ai libri. Romanzi e spaghetti. Saggi e passate di pomodoro. Poesia e arringhe sott’olio. Un tavolo quadrato, piccolo, da ristorante francese. Loro hanno molte decine di anni in due, di certo insieme toccano il secolo. A loro manca la luce, l’elettricità è andata via. Lui ha un accento che vien da fuori. Lei una borsa pitonata di colore viola. Fanno a gara a chi ne sa di più di musica, chissà perchè di rock. Roba di quando avevano pochi anni e frequentavano le osterie piene di gente vociante. Lui cerca di impressionarla snocciolandole i titoli dei vinili che custodisce a casa. Lei non si fa impressionare, anzi lo trova un po’ idiota. Si sono conosciuti in una chat e hanno pensato che potesse essere un buon modo per conoscersi, per sorprendersi l’uno con l’altra, ma soprattutto con se stessi. No, niente da fare: hanno tagliato i fili della luce. Nessuna elettricità. Anzi, un filo di irritazione per essersi rovinati a vicenda quella ultima scossa. Un po’ di antipatia. Già un accenno di odio, quanto meno rancore.
Io in mezzo. Niente osteria, ma incapace di arrendermi al bistrot, ai suoi piatti unici, laccati.

Musica per la scrittura: Keith Jarrett, The Köln Concert.

2 risposte a Osteria del Sole / Un venerdì

  1. claudio scrive:

    bravina. davvero.

  2. valerio cocchi scrive:

    C’ero anch’io quel venerdi al Sole. Osservavo una donna ancora invidiosa e dolce come una pesca matura, incantata da una giovane coppia in amore. Ora capisco che lei eri tu. Forse questa fine ragnatela può farci incontrare. Mangiamo qualcosa insieme all’Ambasciatori una di queste sere?
    Se si una condizione: Non parlarmi nè del tuo passato, tipo vecchi fidanzati o la musica rock, nè del tuo futuro. Sei già tanta cosi come sei, al presente.

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